“Davanti al mare, la felicità è un’idea semplice”
J.C.Izzo

Rassegna stampa

“La sensazione del tufo sotto i piedi, l’odore della carta quando sfogli un libro, la brezza marina che si alza al tramonto, la voglia di mettere assieme le due grandi passioni della vita, i libri e il mare in un’ unica isola mondo, la libreria, la mia unica e ultima spiaggia, da condividere con voi, amanti dei libri!”
Il vostro libraio

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Il libraio di Ventotene: 

 

“Internet ci mangia vivi. Ho trasformato la libreria in una bottega di umanità”

 

16 GENNAIO 2020 DI MAURIZIO CROSETTI

Fabio Masi, cinquant’anni, libraio a Ventotene ma anche a Camogli e Genova. Come si fa a non essere spazzati via da Amazon?

“Bisogna cercare luoghi piccoli e delimitati, oppure ricrearli nelle grandi città. E lavorare con i libri in profondità più che in estensione”.

Lei come ci riesce, su un’isola che d’inverno ha 200 anime?

“Sono diventato un piccolo editore di libri di storia locale, mi interessano prima di tutto le persone. La libreria è un posto dove ancora ci s’incontra, si parla, si curiosa, si bighellona. Un sacco di bambini ci giocano”.

Perché un lettore, magari non dei più forti, dovrebbe andare in una piccola libreria e non in una grande catena, e non dovrebbe farsi spedire i volumi a casa?

“A lei piace fare la spesa al mercato rionale? A me sì, molto più che all’ipermercato. Anche per i libri esiste il chilometro zero: se hai un libraio di fiducia, che è come il fruttivendolo o il formaggiaio sotto casa, e se naturalmente hai tempo a disposizione e vuoi spendere qualcosa in più, sarai trattato in modo diverso. Ti affezionerai. Cercherai i consigli giusti, ti fiderai e ti piacerà tornare”.

I libri costano tanto, non le sembra giusto che la gente provi a risparmiare?

“Non possiamo competere con le grandi catene e con il commercio digitale. In Francia non è permesso scontare un libro più del 5 per cento e gli editori finanziano librerie davvero indipendenti, non c’entra nulla con il nostro franchising, dagli anni Ottanta ne sono nate così più di quattrocento. In Germania gli sconti sono addirittura vietati in certi periodi dell’anno, e i librai partono tutti alla pari. Per legge, in quei paesi non è possibile che uno stesso soggetto sia contemporaneamente editore, distributore e venditore, da noi invece sì ed è la morte di tante piccole librerie”.

Cadono come mosche, veramente, anche quelle più grandi e storiche, l’ultima la torinese. Dov’è l’errore?

“In Italia esistono 13 milioni di persone che non hanno una sola libreria o una biblioteca nella zona in cui vivono, al sud molto più che al nord. Lo spazio per un mercato diverso ci sarebbe. Ma dove pensarono di inventarsi una seconda fiera del libro in concorrenza con quella di Torino? A Milano! Un fallimento annunciato. L’avessero fatta a Napoli sarebbe stato un successone”.

Puntare solo sui bestseller è una strategia miope?

“Bisogna sopravvivere, dunque bisogna vendere, ma i libri da classifica da soli non ti salvano. La gente cerca cose che la riguardino, è come per l’informazione locale o di servizio: bisogna parlare non dei massimi sistemi, ma della vita di ogni giorno. E comunque Internet ci sta mangiando vivi, tutti”.

Perché ha scelto Ventotene?

“Perché avevo perso il posto di libraio a Genova: il negozio lo comprarono i cinesi e si misero a vendere casalinghi. Io sono romano, e Ventotene è un’isoletta: con mia moglie Alessia nel 2001 abbiamo aperto l’  “Ultima Spiaggia”, un nome che è tutto un programma, investendo interamente i nostri risparmi. Mi davano del matto ma avevo ragione io. Ecco, l’idea dell’isola è vincente anche sulla terraferma. Dentro confini circoscritti, in dimensioni più piccole ci si muove meglio. E se si sta attenti ai conti, ci si può pure sviluppare. Così nel 2011 abbiamo inaugurato una piccola libreria anche a Camogli”.

Luoghi turistici di grande bellezza: c’entra qualcosa?

“Certo, perché qui la gente viene senza fretta, non è come in città. Il turista mica compra su Amazon, cerca qualcosa da leggere al momento, vuole toccare, sfogliare. Certo, bisogna anche essere bravi, noi siamo librai che ancora leggono i libri, la passione per il lavoro è irrinunciabile. Vendere parole e idee non è come vendere dentifrici. E un buon libraio, senza offesa, non è un commesso qualunque”.

A Genova avete seguito gli stessi principi?

“Sì, cercando il piccolo nel grande, insieme ai colleghi che persero il lavoro nella prima libreria. Con loro, soci alla pari, nel 2014 abbiamo aperto a due passi dai cinesi “L’Amico Ritrovato” che non è solo il titolo di un romanzo, ma la nostra storia. Ed è andata talmente bene che da qualche mese c’è anche “L’Amico Immaginario”, uno spazio per bambini e ragazzi: lettori, bisogna dirlo, fortissimi. È bello quando a un certo punto sento una mamma o un papà gridare a squarciagola il nome del figlio: pensano si sia perso, invece sta solo giocando in mezzo ai libri nell’altra stanza”.

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